2024 annata difficile per l’olio, produzioni in calo e sfide contro la crisi climatica
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Il 2024 si preannuncia come un’annata difficile per l’olio d’oliva italiano, stando alle prime previsioni di Assitol, l’Associazione Italiana dell’Industria Olearia, che parla di un “anno di scarico”, termine utilizzato per indicare una riduzione dei quantitativi rispetto alla media, con forti differenze regionali.
Anna Cane, presidente del Gruppo Olio d’Oliva di Assitol, ha spiegato che il Sud Italia, responsabile di due terzi della produzione nazionale, è stato particolarmente colpito dalla siccità. Al contrario, le regioni del Centro-Nord sembrano prospettare una campagna più positiva. Tuttavia, lo stress idrico e le condizioni climatiche estreme hanno avuto un impatto significativo. Le prime stime indicano una produzione nazionale intorno alle 200.000 tonnellate, il che rappresenta un calo del 39% rispetto al 2023, quando la produzione aveva raggiunto le 328.000 tonnellate, riportando i livelli produttivi a quelli del 2022, come conferma un rapporto di Ismea, presentato in collaborazione con Confagricoltura e Costa d’Oro.
Il settore olivicolo italiano, che conta 619.000 imprese e 4.327 frantoi attivi, continua a risentire degli effetti dei cambiamenti climatici. Negli ultimi anni, la produzione ha mostrato un calo costante e una variabilità superiore alla normale alternanza produttiva. Nonostante ciò, l’Italia resta il secondo produttore mondiale con una quota del 15% della produzione globale, nonché il primo consumatore, con un consumo medio di 8,2 litri pro capite all’anno. Il Paese detiene inoltre il primato per la varietà di oli extravergine di oliva con 42 Dop e 8 Igp, grazie a oltre 500 genotipi di olive. Tuttavia, secondo Ismea, la produzione certificata rappresenta solo una piccola parte del totale, coprendo tra il 2 e il 4% della produzione complessiva.
Nonostante la prevista riduzione della produzione, le aziende olearie hanno rassicurato i consumatori sulla capacità dell’industria di fronteggiare la crisi climatica, grazie all’abilità di selezionare materie prime di qualità per compensare il deficit produttivo. In Italia, inoltre, anche nelle annate più favorevoli, non si raggiunge mai la piena capacità produttiva. Per far fronte a questo, le aziende hanno perfezionato il blending, una tecnica che prevede l’assemblaggio di oli di diversa provenienza e gusto. Ciononostante, la concorrenza con gli altri produttori mediterranei si fa sempre più intensa. La Spagna, leader mondiale, dovrebbe produrre oltre 1.300.000 tonnellate di olio quest’anno, mentre la Turchia e la Tunisia si aspettano rispettivamente 250.000 e 320.000 tonnellate. Anche la Grecia e il Portogallo prevedono aumenti, con 230.000 e 170.000 tonnellate. Questo scenario di alta produzione ha causato incrementi eccezionali nei prezzi, con l’olio d’oliva italiano che ha superato i 9 euro al chilo per diversi mesi, a fronte di tensioni anche sui prezzi degli oli spagnoli, greci e tunisini.