Il disseccamento rapido dell’olivo e la soluzione Dentamet

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Dal 2013, il disseccamento rapido dell’olivo (CoDiRO) ha inflitto un colpo durissimo all’agricoltura pugliese, distruggendo circa 800.000 ettari di uliveti, in particolare nel Salento. Questo fenomeno, tristemente noto, è un complesso di fattori che culminano nell’azione patogena del batterio Xylella fastidiosa, rilevato per la prima volta su una pianta a Gallipoli in quell’anno.
Il batterio Xylella, trasportato da insetti vettori come la sputacchina, colonizza i vasi xilematici dell’olivo, impedendo il trasporto di acqua e nutrienti. Questo porta al progressivo disseccamento delle foglie e dei rami, fino alla morte della pianta. La malattia ha avuto un impatto devastante non solo sull’economia della Regione, ma anche sul suo paesaggio e sul suo patrimonio culturale, rappresentato dagli ulivi secolari e monumentali.
In un contesto di emergenza e ricerca spasmodica di una soluzione, una controversia scientifica e istituzionale ha segnato la gestione della crisi. Nel 2018, Marco Scortichini, all’epoca dirigente del Centro di ricerca per l’agricoltura (CREA), aveva proposto l’utilizzo di un prodotto chiamato Dentamet. Si trattava di un concime a base di rame, zinco e acido citrico, già in commercio e registrato per altre patologie. Scortichini aveva individuato in questo prodotto una potenziale cura, sostenendo che i suoi componenti potessero contrastare efficacemente il batterio.
Tuttavia, questa ipotesi fu duramente osteggiata da gran parte della comunità scientifica e dalle istituzioni coinvolte nella gestione dell’emergenza. I detrattori sostenevano che non ci fossero prove sufficienti della sua efficacia sul campo e che l’uso di concimi a base di rame, seppur consentito, potesse avere un impatto ambientale negativo. Di conseguenza, il Dentamet non fu mai adottato su larga scala come trattamento ufficiale.
Una svolta inaspettata
A distanza di oltre un decennio dall’inizio dell’epidemia e dopo dodici anni di dibattiti, si è verificata una svolta significativa. Recentemente, un gruppo di ricercatori dell’area di Bari, alcuni dei quali in passato avevano espresso scetticismo verso la proposta di Scortichini, ha pubblicato uno studio che rimescola le carte.
Questa ricerca, pubblicata su una rivista scientifica, ha testato in laboratorio ben 19 diversi battericidi per valutarne l’efficacia contro la Xylella. I risultati, ottenuti in vitro, hanno dimostrato che il Dentamet si colloca tra i trattamenti più efficaci, superando molti altri composti testati. La scoperta, sebbene preliminare e ancora da confermare con prove sul campo, riapre il dibattito sull’efficacia di una soluzione che era stata messa da parte anni fa, sollevando interrogativi importanti sulla gestione iniziale della crisi e sull’importanza di mantenere un approccio aperto e basato sull’evidenza scientifica.
Il futuro della ricerca
L’interesse per il Dentamet è ora rinnovato. Gli scienziati si chiedono se un’applicazione su larga scala di questo prodotto, magari combinata con altre strategie di controllo, possa finalmente offrire una speranza concreta per la salvaguardia degli uliveti pugliesi e non solo. È fondamentale che la ricerca prosegua con test in vivo e su larga scala per confermare i risultati di laboratorio e valutare l’impatto ambientale a lungo termine.
La storia del Dentamet e della Xylella in Puglia è un esempio complesso di come la scienza, la politica e le esigenze del territorio si intreccino, a volte in modo controverso. Il nuovo studio rappresenta un punto di partenza per una riconsiderazione e, forse, per una nuova fase nella lotta contro un batterio che ha già modificato profondamente il paesaggio italiano.