FORUM O.L.I.O, nuove prospettive per il settore
Share This Article
Questa mattina, nell’Auditorium di Veronafiere, si è tenuto il FORUM O.L.I.O (Osservatorio Laboratorio Internazionale Olio Evo). L’evento è stato promosso da Aipo (Associazione Interregionale Produttori Olivicoli), Frantoio Bonamini, Flos Olei, Innovaa, Innosap, InnovatiVE e Terzomillennium con il patrocinio della Provincia di Verona, del Consiglio Regionale del Veneto e dell’Università di Verona e la sponsorizzazione tecnica di Veronafiere-SOL e di Banco Desio.
L’obiettivo è stato quello di far partire da Verona una riflessione strutturata e propositiva per rilanciare il settore dell’olio d’oliva e costruire una progettualità condivisa che mettesse al centro bisogni e problematiche di produttori ed esportatori.
La prima parte dell’evento
La prima parte dell’evento ha visto protagonisti Veronica Bertoldo (Regione del Veneto) Enzo Gambin (Direttore Aipo), Marco Oreggia (Editore Flos Olei e giornalista), il prof. Diego Begalli (Università di Verona), il prof. Nicola Mori (Università di Verona) e i giornalisti Luigi Cremona e Lorenza Vitali. Si è parlato di crisi di produzione e aumento dei costi, ma anche di cambiamenti climatici e nuove strade per rilanciare la comunicazione di un prodotto d’eccellenza della cultura agricola italiana. Il settore dell’olio, che si regge sul lavoro di tante piccole aziende, è un sistema che contribuisce a generare enorme valore, ma la cui struttura produttiva frammentata rischia di far perdere tante possibilità di crescita e quindi di investimento. Spazio anche ad una riflessione sulla nuova Pac dell’Ue 2023/2027 con norme a sostegno dei Piani Strategici Nazionali e ad un’analisi delle organizzazioni dei produttori (OP) che hanno l’obiettivo di promuovere la cooperazione tra agricoltori.
“Dell’olio si è iniziato a parlare quando si sono alzati i prezzi – ha spiegato Enzo Gambin (Aipo) -. In Italia c’è un’attività olivicola e olearia che ha delle caratteristiche particolari, basti pensare alle oltre 500 varietà di olivi e ai numerosissimi prodotti DOP e Igp. L’olio evo dovrebbe essere un treno ad alta velocità e invece è un treno che va troppo lento. All’interno del mondo dell’olivicoltura italiana c’è poca predisposizione al cambiamento”.
I dati parlano chiaro: il 70% dell’olivicoltura italiana è retta da aziende piccole che difficilmente raggiungono i 2 ettari, con 180/200 piante e in tutta Italia non raggiungiamo ormai le 300mila tonnellate di olio prodotto. Numeri che ci stanno facendo scivolare in basso nella classifica di produttori di olio, con Spagna e Marocco che la fanno da padroni. Per riacquistare un alto potenziale produttivo si deve investire in ricerca, una ricerca orientata all’ottimizzazione delle risorse e ad una maggiore e più rapida assistenza in campo.
“In Italia di olio ce n’è poco, e lo compriamo ovunque pur di saturare un mercato che ormai chiede più di quanto riusciamo a dare – spiega Marco Oreggia (Flos Olei) -. Se davvero c’è la volontà di cambiare passo la politica a ribasso non serve. Bisogna recuperare le varietà dimenticate e puntare sul marketing, siamo in ritardo di 20 anni, siamo in emergenza anche per quanto riguarda problemi climatici e patologie. In altri Paesi extra UE si stanno già organizzando e sugli scaffali non c’è extravergine, ma solo vergine d’oliva, in Brasile hanno avuto il coraggio di farlo per rilanciare l’economia olivicola. Possiamo cambiare prospettiva o stare al gioco della Spagna che detta le regole e la cui crisi di produzione ha causato a cascata il rialzo dei prezzi”.
L’economia dell’olio
Si è parlato poi del rilancio del prodotto anche sotto il punto di vista economico e il prof. Begalli ha concentrato la sua analisi sull’importanza di “far passare il valore e non solo il prezzo di un prodotto”. L’olio deve essere comunicato in un certo modo per giustificarne i costi, bisogna portare all’attenzione del consumatore i suoi benefici, i contenuti salutistici e pure tutta la riflessione sulla nutraceutica non ancora abbastanza valorizzata, per questo “servirebbe un marchio ombrello per veicolare questi messaggi e presentare delle linee di prodotto forti sul mercato, in particolare internazionale”, sottolinea il professore.
Nell’ambito dei cambiamenti climatici l’attenzione è ricaduta sui trattamenti fitosanitari, come ha spiegato il prof. Mori, “se prima la mosca dell’olivo era un problema delle regioni del sud adesso si sta spostando a nord. Non ci sono più gli inverni rigidi, quindi non ci sono più temperature limitanti per questo fitofago. Poi a nord è arrivata anche la cimice asiatica che non era presente nei nostri areali, ma adesso si è adattata al nostro clima causando importanti limitazioni”.
La tecnologia però può arrivare in aiuto, si stanno infatti studiando sistemi che sfruttano ad esempio i droni per distribuire i prodotti fitosanitari, così da ridurne l’uso e avere un’azione più mirata. Ci sono poi le trappole elettroniche a controllo remoto con intelligenza artificiale che sono addestrate per riconoscere e bloccare gli insetti. E poi ancora piccoli Rover che attraversano il campo e riescono a monitorare lo stato di salute delle piante. È una forma di Agricoltura 4.0 che permette di attivare in tempo reale azioni per contrastare eventuali problemi o difficoltà che la pianta sta vivendo.
E se coltivare l’olivo è sempre più difficile, la sua conoscenza da parte del grande pubblico resta limitata e solo negli ultimi anni la cultura dell’olio è cresciuta grazie anche alla ristorazione. “l’olio dà tantissimo valore ai piatti, per tanti chef è diventata una vera e propria firma, la chiusura del piatto, un tocco raffinato. Per questo deve essere raccontato, fatto apprezzare e poi goduto”, spiega il giornalista Luigi Cremona.
Poi si è parlato del caso virtuoso del comune di Lugnano in Teverina (Terni) che dal 2014 è sede di “Olea Mundi” la collezione mondiale di olivi, circa 1200 piante provenienti da ben 23 Paesi olivicoli del Mediterraneo, del Medio Oriente e delle nuove aree di coltivazione. Un esempio di un territorio piccolo che si è ri-costruito sulla cultura dell’olio. Sono nati così premi letterari, eventi e progetti con le scuole per rimettere al centro il territorio e il suo oro liquido.
La seconda parte dell’evento
Nella seconda parte dedicata prima alle esperienze internazionali e poi alla tavola rotonda, coordinata dalla giornalista di Radio 24 Rosanna Magnano, hanno parlato Marko Markovic (Istria Tourist Board) Duccio Morozzo (Direttore Olive Bureau srl), Alessandra di Canossa (Soc. Agr. Guidalberto di Canossa), Gianfranco Comincioli (Az. Agr. Comincioli), Massimiliano Consolo (Business Developer Mark Up), Giancarlo Bonamini (Frantoio Bonamini) e Giovanni di Mambro (co-fondatore di Elaisian). Spazio ad una riflessione sull’oleoturismo con il caso studio dell’Istria che ha messo in piedi una serie di attività per rilanciare il turismo unito al mondo dell’olio.
Per rilanciare l’olio “bisogna valorizzare non solo il prodotto, ma anche il territorio, deve essere un orgoglio dar valore alle proprie cultivar – spiega Morozzo -. I produttori italiani poi devono smetterla di arroccarsi sulle proprie posizioni e pensare di essere i migliori, i nuovi paesi sono partiti dalle nostre conquiste e adesso ci stanno superando grazie e tecnologia e capacità. È tempo di mettersi in discussione”.
Si è trattato anche il tema del passaggio generazionale, un argomento difficile perché non sempre il lavoro riesce a trasmettersi da padre in figlio, con il rischio che si perdano tradizioni lunghe secoli. “I giovani che decidono di raccogliere la sfida e hanno la possibilità di viaggiare e di studiare tornano poi a casa pieni di idee e di soluzioni per affrontare i problemi”, spiega di Mambro.
“Il problema di base è che non c’è prodotto e non c’è manodopera – sottolinea con forza Comincioli -. Torniamo a produrre e sfruttiamo, quando serve, la tecnologia per sviluppare nuove soluzioni compatibilmente con il territorio. Sono decenni che si parla degli stessi problemi, è davvero l’ora di cambiare”.